Notizie Radicali
  il giornale telematico di Radicali Italiani
  lunedě 04 aprile 2005
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Dossier Lazio. Così nasce la "quinta mafia"

di Antonio Turri

Il mensile “Narcomafie” fondato da Luigi Ciotti, e da diciotto anni in prima fila nella denuncia e nella documentazione degli “affari” di mafia, camorra, ‘ndrangheta e criminalitĂ  organizzata, pubblica un corposo “Dossier Lazio”.

Nell’articolo che segue – e che fa parte di questo dossier – “Così nasce la “quinta mafia”, di Antonio Turri, si racconta dell’inquietante mix, complesso e variegato, di mafie tradizionali, colletti bianchi e delinquenti locali, boss in grado di reinvestire il denaro di Cosa Nostra, camorra e ‘ndrangheta. Nel Lazio si è radicata una “quinta mafia”, pronta a trasformarsi da soggetto dell’anti-Stato a soggetto collaborante, grazie a figure deviate della politica e della pubblica amministrazione. Su “Notizie Radicali” di ieri abbiamo pubblicato la prima parte dell’articolo. Oggi la parte conclusiva.

GiĂ  Schiavone parlò. Questa tesi, oltre ai primi riscontri investigativi e processuali, è stata avvalorata, sin dal 1996, dal pentito Carmine Schiavone, ex cassiere del clan dei casalesi, che svelò i rapporti tra cosche campane, calabresi e criminalitĂ  politica ed economica locale nel settore dello smaltimento dei rifiuti tossici, nel settore degli appalti pubblici, nel ciclo del cemento e nel controllo del traffico degli stupefacenti. Sempre Carmine Schiavone confessò che i clan tenevano a registro paga, sin dagli anni ’80, da Minturno a Sabaudia e da qui a Roma, ben sessanta”soldati” pagati tre milioni al mese ciascuno per controllare questa vasta area del Lazio. Tra gli omicidi eccellenti commessi da quei soldati di mafia, seppur nessun processo è mai stato avviato, è da annoverare quello di don Cesare Boschin, parroco di un piccolo borgo a metĂ  strada tra Roma e Latina, avvenuto nella notte tra il 29 marzo e il 30 marzo 1995.

Don Boschin, a difesa del suo popolo, si era opposto a che i rifiuti tossici venissero interrati nella discarica comunale. Dopo l’omicidio, come è solito avvenire nelle vicende di mafia, si gettò una valanga di fango sulla figura e sulla vita di don Cesare. Oggi per quel fatto di sangue “Libera” chiede veritĂ  e giustizia.

E che all’epoca fossero stati interrati rifiuti tossici in quantitĂ  industriale, lo dimostra il rinvenimento di innumerevoli sacchi contenenti residui metallici delle vecchie monete da cinquecento lire, avvenuto nel 2003 in un terreno confiscato alla camorra. Il terreno è ubicato tra i comuni di Cisterna di Latina e Nettuno ed è attualmente in uso ad una cooperativa sociale aderente a “Libera”.

Anche per questo crimine ambientale, consumato alle porte della Capitale e rimasto privo di colpevoli, nessuno si è mai chiesto come queste monete da smaltire, contenenti nichel, siano potute uscire dal controllo della Banca d’Italia, e finire nelle discariche abusive della mafia.

come funghi centinaia di centri commerciali in molte cittĂ  della Regione.

Da Fondi ai Parioli. Molti esponenti politici mostrano meraviglia del sequestro e della confisca di beni immobili di prestigio nel centro di Roma, come nel caso del CafĂ© de Paris e non del fatto che solo nell’ultimo anno sono stati sequestrati ai clan autoctoni e d’importazione del Lazio beni immobili per oltre 300 milioni di euro. Cifra quest’ultima lontanissima dall’effettiva consistenza degli investimenti dei boss della Capitale e del resto della Regione.

Pochissimi sembrano dare la giusta lettura ai fatti acclarati dalla magistratura antimafia del Lazio nelle vicende criminali riguardanti i comuni di Nettuno e di Fondi, dove la stragrande maggioranza delle persone rimaste coinvolte in vicende di mafia sono cittadini nati e residenti da sempre nella regione Lazio o comunque qui attivi da decine di anni. Costoro, nei fatti contestati, non hanno mai ricoperto ruoli secondari. Così come, il ruolo della politica o, meglio, di certa politica non è risultato mai ininfluente nel favorire l’attecchimento dei metodi mafiosi anche nella gestione della cosa pubblica. A tal proposito è utile ricordare che nelle ultime settimane la magistratura ha reso definitiva la confisca di beni immobili per decine di milioni di euro operata dagli uomini della Polizia di Stato ad una joint venture criminale composta da esponenti di note ‘ndrine calabresi impiantate da anni a Fondi e da imprenditori locali dediti da anni, secondo le contestazioni mosse dalla Dda e dalla Dia di Roma, a praticare l’arte criminale dell’usura e, secondo la commissione d’accesso disposta dal prefetto di Latina, a condizionare per mafia quell’amministrazione comunale. Tra i beni confiscati al sodalizio spicca una villa nel quartiere Parioli a Roma. Una zona esclusiva dove è difficile operare acquisti, stante l’alto costo degli immobili, anche per Stati esteri in cerca di sedi dove ubicare le loro ambasciate.

Senza alcuna enfasi, ma con rammarico, è necessario rammentare che nel caso dello scioglimento del comune di Nettuno per il comune di Fondi, negato senza giustificazione alcuna dal Governo, tra i protagonisti arrestai o comunque rimasti coinvolti, spiccano con ruolo preminente e con elevata caratura criminale personaggi nati a Fondi, a Roma, a Nettuno e a Velletri, e che i sodali appartenenti i clan della ‘ndrangheta o della camorra, risiedono da almeno un ventennio in quei centri.

Se l’anti-Stato collabora con pezzi di Stato. Nelle terre dove sbarcò Enea, si sperimenta l’ennesima trasformazione delle mafie da soggetto dell’anti-Stato a soggetto collaborante e inclusivo di pezzi deviati della politica e della pubblica amministrazione.

Nel Lazio la battaglia per contenere lo sviluppo delle mafie è in corso. Si confrontano donne e uomini dello Stato che non fanno sconto ad alcuno, come l’ex Prefetto di Latina Bruno Frattasi, di recente trasferito a nuovo incarico, poliziotti, carabinieri, magistrati della Dda di Roma che spesso pagano un prezzo altissimo.

Ma questo non è sufficiente. Manca l’impegno della politica ed è carente quello dei cittadini.

“Libera”, assieme ad altre associazioni di ispirazione laica e cattolica, ai sindacati, con cui ha recentemente firmato un protocollo d’intesa e con le tante scuole con cui collabora nel Lazio,pur cosciente delle difficoltĂ  e delle inadeguatezze, ritiene che la sola azione di denuncia e di approfondimento della conoscenza del fenomeno mafioso in questa terra, così strategica per il Paese, non sia sufficiente ed è impegnata a favorire tutte le iniziative sui progetti di educazione alla cittadinanza responsabile, perchĂ© il coraggio di esserci non venga meno.

Con umiltĂ  ma con forza si chiede alla politica, che ha a cuore il bene della polis, di coniugare l’abusato termine legalitĂ  con quello di giustizia e di diritti e di fare appieno la parte che le compete.

Fine seconda parte.